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Privacy: il capo può leggervi la posta elettronica a patto che…

Ogni tanto ci prendiamo la briga di controllare le recenti sentenze della Corte di Cassazione. Una delle ultime ha davvero dell’incredibile e riguarda la privacy. Secondo la Quinta sezione penale, sentenza 47096, i datori di lavoro possono spiare le e-mail dei dipendenti. A patto che la lettura della posta elettronica degli impiegati sia voluta dal datore di lavoro attraverso la richiesta di conoscere le loro password.

Nella sentenza si legge: “quando il sistema telematico sia protetto da una password, deve ritenersi che la corrispondenza in esso custodita sia lecitamente conoscibile da parte di tutti coloro che legittimamente dispongano della chiave informatica di accesso. Anche quando la legittimazione all’accesso sia condizionata, l’eventuale violazione di tali condizioni può rilevare sotto altri profili, ma non può valere a qualificare la corrispondenza come ‘chiusa’ anche nei confronti di chi sin dall’origine abbia un ordinario titolo di accesso“.

La Suprema Corte si è espressa in seguito ad un ricorso di un’impiegata di Chiavasso licenziata dopo che il suo capo aveva letto le sue mail private in ufficio. La Cassazione ha dunque respinto il ricorso poiché: “le password poste a protezione dei computer e della corrispondenza di ciascun dipendente dovevano essere a conoscenza anche dell’organizzazione aziendale, essendo prescritta la comunicazione, al superiore gerarchico, legittimato a utilizzarla per accedere al computer anche per la mera assenza dell’utilizzatore abituale“.

Attenzione però, si può licenziare solo ed esclusivamente: “quando non vi sia stata sottrazione o distrazione, la condotta di chi si limita a prendere cognizione è punibile solo se riguarda ‘corrispondenza chiusa’. Chi prende cognizione di corrispondenza aperta è punito solo se l’abbia a tale scopo sottratta al destinatario ovvero distratta dalla sua destinazione“.