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Tagli e immissioni in ruolo – A rischio le 150 mila stabilizzazioni? Ecco perchè

Quello del governo Renzi sembra sempre di più il gioco delle tre carte, ma con la certezza assoluta che a vincere è sempre lui e a perdere sempre e comunque i più deboli, i precari. Da un lato ha annuncitato che metterà in ruolo ben 148.100 docenti precari, altrimenti l’Europa si arrabbia e sanziona (leggi questo bellissimo editoriale ), dall’altro vi è una legge dello Stato che obbliga ad assumere solo ed esclusivamente su turn over, dunque rischiano di saltare? A evidenziare il paradosso è Carlo Forte, riporto su A Ruota Libera il suo articolo.

Sono 148.100 i docenti che il governo conta di assumere dal 1° settembre 2015. Ma siccome le nuove assunzioni non potranno comportare alcun incremento dell’organico degli insegnanti, le immissioni in ruolo, per il momento, non potranno fare altro che coprire il turn over. E dunque, nella migliore delle ipotesi, dal 1° settembre prossimo non potranno essere disposte più di 50mila assunzioni a tempo indeterminato. È quanto si evince dalle schede di lettura predisposte dal servizio studi della camera, ad uso dei parlamentari che stanno esaminando in questi giorni il disegno di legge di stabilità.
Il provvedimento, infatti, è stata calendarizzato in commissione istruzione a Montecitorio per il prossimo 6 giugno (AC 26979-bis).

Il piano di assunzioni è stato ipotizzato dal governo (attualmente non risulta che sia stato formalizzato in alcuna bozza di provvedimento) «in modo da poter disporre di un team di docenti che possa garantire le supplenze e il tempo pieno». Per fare fronte alle assunzioni, sempre secondo il dossier del servizio studi, «la relazione tecnica stima la necessità, per il 2015, di 1 miliardo di euro – relativi ai primi quattro mesi dell’anno scolastico 2015-2016 – e, dal 2016, la necessità di 3 miliardi». Il fabbisogno, però, potrebbe risultare inferiore, perché l’esecutivo conta di recuperare 300 milioni di euro dal blocco delle supplenze brevi. Dal 2016 in poi le graduatorie a esaurimento dovrebbero cessare di esistere e il reclutamento nella scuola dovrebbe avvenire solo per concorso. Il condizionale è d’obbligo perché, sebbene l’intenzione del governo sembrerebbe quella di assumere tutti i 150mila docenti dal 1° settembre 2015, tale intendimento si scontra con il limite della impossibilità di ampliare gli organici.

Scorrendo le schede illustrative, infatti, si scopre che gli organici dell’autonomia e di rete devono essere costituiti nei limiti previsti dall’art. 64 del decreto legge 112/2008 (convertito con legge 133/2008), sulla base dei posti corrispondenti a fabbisogni con carattere di stabilità per almeno un triennio sulla singola scuola, sulle reti di scuole e sugli ambiti provinciali, anche per i posti di sostegno, fatte salve le esigenze di rimodulazione annuale». Ok per le assunzioni, dunque, ma a patto che il numero dei docenti alla fine sia sempre quello: nemmeno un insegnante in più rispetto ad oggi. E a fugare ogni dubbio ci pensa sempre il dossier della camera quando dice che: «Deve, in ogni caso, rimanere fermo il disposto dell’art. 19, comma 7, del decreto legge 98/2011 (convertito con legge 111/2011), in base al quale, a decorrere dall’anno scolastico 2012/2013, le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed Ata della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche determinata nell’anno scolastico 2011/2012, e deve essere fatto salvo l’accantonamento in presenza di esternalizzazione dei servizi per i posti Ata anche per gli anni 2012 e successivi».

Non solo dunque non bisogna andare oltre il numero massimo di docenti e non docenti attualmente in essere, ma bisognerà anche sottrarre da questo numero i posti dei lavoratori appartenenti al personale Ata il cui lavoro viene attualmente svolto da personale esterno.

La precisazione contenuta nel dossier sgombra il campo dagli equivoci della prima ora: i tagli agli organici operati negli ultimi anni continueranno a dispiegare effetti sotto forma di limite massimo inderogabile al numero complessivo delle unità lavorative. Pertanto, ad ogni nuova assunzione dovrà necessariamente corrispondere un previo pensionamento. D’altra parte a questo tendono le azioni legali poste in campo dai precari. La reiterazione dei contratti a termine , infatti, è illegittima solo nella misura in cui le supplenza vengano disposte su posti vacanti. Se i posti vengono riempiti, a mano a mano che i titolari vanno in pensione, la necessità della supplenze viene meno. E con essa la necessità di reiterarle.