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Una barzellatta che descrive bene la riforma Moratti

Pino Patroncini, questa volta si è superato…

SARTORIA MORATTI

L’ultima versione, la definitiva credo, del decreto sulla secondaria superiore mi fa venire in mente una barzelletta di Walter Chiari.

Ecco cosa diceva questa barzelletta.

Un signore va dal sarto a provarsi un vestito, si guarda allo specchio e dice rivolgendosi al sarto :
La giacca mi fa un po’ di difetto in basso.
Ma è perché lei tiene una spalla più bassa, la alzi un po’ e vedrà… – risponde il sarto.
E’ vero – dice il cliente – adesso va bene, ma così adesso mi fa difetto dall’altra parte.
Ma è perché ora lei ha le braccia sciolte, ma se le piega un po’ come si fa di solito ….”
Ha ragione. Però così ora mi fa difetto davanti”.
Ma è perché così lei si è impettito, si pieghi un po’ in avanti e vedrà…

E la vicenda va avanti così per un po’ fra individuazione di difetti e aggiustamenti di postura. Finché tutto sembra a posto e il cliente se ne va soddisfatto, ma… strascicando il passo, un po’ ricurvo, con le braccia contratte e le spalle storte.

Mentre esce passa davanti a un bar dove siede un gruppo di amici. Uno guardandolo con questa sua andatura strascicata e scomposta commenta con gli altri:

– Poveretto! Ce ne è di gente disgraziata al mondo! Però che sarto in gamba che ha! Ha un vestito che non gli fa una piega! […]

Al decreto della Moratti è successa la stessa cosa. Per fare questa riforma ha fatto un “taglio” stretto . anche se alla fine di stoffa ce ne era tanta, dal momento che per “disallarmare” i docenti il ministro ha pensato bene di consolidare gli organici fino al 2011. In che cosa consistesse e tuttora consista questo “taglio stretto” lo si sa: uno spezzato licei/istruzione-formazione professionale, con due diversi riferimenti istituzionali (stato/regioni), lunghezza normale per i primi, “sopra il ginocchio” per la seconda.

Ma ecco che subito sono cominciati i guai: l’istruzione tecnica finirà per pendere troppo verso la formazione professionale, ha tuonato Confindustria.

Pensate che il ministro abbia rimesso mano all’impianto complessivo della riforma? Neanche per sogno!

E’ sufficiente tirare su l’istruzione tecnica e piegare il liceo tecnologico verso una preparazione più tecnica moltiplicando gli indirizzi e inventandosi i campus ( “per fare cose vecchie con il vestito nuovo” canterebbe Guccini).

Ma così facendo dove va a finire il liceo? Hanno tuonato i licealisti spinti ed ecco allora che, passi per il tecnologico, ma in almeno 5 licei su 8 ci vuole il latino, per diana! E’ o non è la quintessenza del liceo il latino?

Si ma allora la particolarità del liceo classico dove resta? Presto detto: ridiamo al solo liceo classico la facoltà di accedere a tutte le facoltà. (bello, no?, il gioco di parole!)

E si, però, allora gli altri dove finiscono? il turismo per esempio? Niente paura ci mettiamo anche quella parola lì: tre ore facoltative in seconda terza e quarta e se il ragazzo le fa, ha fatto i ”turismo”.E l’agro-alimentare? La stessa cosa!

Educazione fisica si lamenta perché ha le ore dimezzate, si scuce l’orlo così anche la caviglia è coperta. Diritto e economia la mettiamo tra gli optional ( come il fazzoletto del taschino, ma in tinta con la cravatta, per l’amor di dio!). Per musica basta piegare un po’ storia dell’arte. E gli insegnanti di inglese insegneranno anche francese.( modello double-face).

Ma se tutto l’organico resta per cinque anni allo stato, hanno gridato le regioni, cosa resta all’istruzione professionale regionale? I corsi tappabuco triennali dell’accordo Stato-Regioni, ha risposto prontamente il ministero.

Insomma alla fine per fare andare bene l’abito cucito troppo stretto, ecco che si piega una cosa di qui una cosa di là. O, meglio, ecco che i docenti dovranno industriarsi a piegare una cosa di qui e una cosa di là, inventandosi un utilizzo delle risorse umane che restano in giro nelle scuole, oltre il numero di ore previste dal curricolo ridotto. Come? A tappare i buchi dei colleghi assenti? A costruire corsi professionali paralleli? Dando a tutti ( o a molti) un orario curricolare al di sotto delle 18 ore e completando con l’extracurricolare? Spingendo i “fuori-ordinamento” a specializzarsi sul sostegno? Lasciandoli a bighellonare in sala professori? Facendone dei tutor?

E dovranno industriarsi da settembre, perché verso novembre o dicembre dovranno rispondere al genitore che chiede: mio figlio vuol diventare geometra, dove lo devo iscrivere? Come spiegargli che il geometra non si sa neppure se ci sarà più? Che suo figlio, per cominciare, (ma giusto per cominciare!) potrebbe fare un liceo tecnologico dell’indirizzo costruzioni, a cui la scuola con le risorse umane ed economiche che ha nel “campus”(ma che non sappiamo ancora quali e quante siano), si industrierà a fare dei corsi professionali paralleli, per cui in quattro anni potrebbe forse venire fuori, se non un geometra, un non meglio precisato tecnico delle costruzioni e che poi per il resto si vedrà perché ci sono ancora tante cose da decidere ( l’ifts, il percorso a Y delle università, il collegio dei geometri e tutti gli altri – ministero, regioni, università -che devono scegliere quale via….)?

Povera scuola! E’ proprio disgraziata, se non sa neppure dove un ragazzo deve andare! Ma , ooh!, ha un ministro che le ha confezionato una riforma che non fa una piega!

Pino Patroncini