arte e cultura

Il Nero d’Avola – o meglio il “Calabrese” – era il vero antico Vino di Akragas, di cui non era stata trovata ad oggi la più autorevole origine .

  Akragas (Agrigento) è stata quindi, in periodo greco-punico, la più grande  “Città del Vino” e fino a prima del periodo Romano . Questo quanto emerge sempre più dal libro di Joe Castellano “Per una vera Storia del Nero d’Avola”, presentato in questi giorni in diversi importanti appuntamenti in giro per la Sicilia .   

A poco più di 3 mesi dalla presentazione del citato libro di Joe Castellano, 

grandissimi consenso di pubblico e studiosi che abbracciano in pieno la tesi di quanto evidenziato. 

 Si trattava quasi certamente del grande Vino di Akragas rimasto ignoto, che aveva contribuito – attraverso una grandissima produzione e capacità commerciale per la vendita di Vino ed Olio -, a creare quella che fu la città più ricca ed opulente della Magna Grecia ! 

Proprio grazie alle grandi fortune dei più facoltosi loro commercianti di Vino, della allora odierna Agrigento, nacquero infatti  monumenti e tesori straordinari, incluso quello che sono gli odierni templi dorici … 

  Agrigento, si poteva considerare la prima vera grandissima “Città del Vino” in epoca antica, che a tutt’oggi hanno completamente ignorato anche gli stessi agrigentini .

   Si moltiplicano in questi giorni le presentazioni di Joe Castellano, per il volume di cui trattiamo e che sta facendo scoprire a tantissimi una vera Storia del Vino e dell’intera Sicilia . 

  Stavolta, questo artista consacrato ormai da oltre 34 anni nel mondo per le sue celebrate performances musicali e per la sua grande “Joe Castellano Super Blues & Soul Band”,  sta affiancando un’altra sua sfida culturale, come quella di tirare fuori un libro che nessuno ad oggi aveva mai raccontato. Parliamo della storia del famoso vitigno “Calabrese”, che però dalla fine degli anni ’80 fu conosciuto nel mondo con uno dei suoi sinonimi e quindi ribattezzato in “Nero d’Avola” . 

 

  Una storia molto affascinante quella che stanno riscontrando decine di persone, alla scoperta di un Vino e di un vitigno – sulle quali fino ad oggi si capisce che si erano scritte molte informazioni “fake” come si direbbe oggi e che invece proprio grazie alla certosina ricerca storica, ampelografica ed archeologica di Castellano, sta vedendo una precisa ricostruzione della vicenda, con delle pagine che fanno coincidere una nuova narrazione della Storia della Sicilia, prima che della pianta e del Vino specifico . 

 Si pensi alla narrazione del grande Vino di Akragas, raccontato da scrittori come Diodoro Siculo, Esichio, Policleto, Varrone o lo stesso Cicerone e delle relative immense produzioni esportate anche a Cartagine ed in tutto il Mediterraneo, dove tale Gellia (o Tellis in greco) fu considerato il più grande commerciante di Vino della Magna Grecia e personaggio che, grazie alle sue infinite ricchezze derivate da Vino ed Olio, consentì di edificare nella ricca Akragas grandi monumenti e gli stessi ammirati odierni Templi dorici di tufo dorato . 

 

  Nulla a che vedere con strane costruzioni glottologiche, come invece la famosa derivazione dalla “Calea Avulisi” (per riallacciarsi al dialettale “Calavrisi” e quindi poi al “Calabrese”, come avevano pensato determinati studiosi negli anni ’90 ….) E nulla che si riferisse all’antica isoletta di Kalauris (che a tutt’oggi non vede nemmeno alcun vitigno di origine). Come confortato anche dai documenti prodotti dagli scienziati del CNR di Palermo e dal famoso CREA di Conegliano (Istituto Governativo di Agricoltura, Viticultura e Ricerca),  la tesi di Joe Castellano ha potuto ricondurre  alle origini assolutamente autoctone e siculo-calabre di questa pianta, che per errore anche in determinati Registri Ufficiali della Vite Italiana, viene invece ancora inquadrata come proveniente dalle ipotesi prima esposte .

  Ci si potrà con piacere imbattere, leggendo invece le pagine di questo libro, che in primis Greci e Fenici e poi un continuo scambio culturale, etnico e commerciale, soprattutto tra la Sicilia ed il Sud della Calabria, aveva visto produrre un sistema di ibridazioni che ancora oggi si evidenziano in vitigni dominanti della Viticultura, come il Calabrese, il Catarratto ed il Nerello Mascalese . Il padre di essi era unico e si chiamava “Mantonico Bianco di Calabria” . Ancora oggi è vitigno autoctono della città di Locri . 

 

  Non c’entrava niente con Avola, per come oggi inteso . Infatti i “Calabresi” erano 2 e totalmente distinti e separati, come hanno scritto i più grandi studiosi dell’Ampelografia italiana . 

Il Calabrese Comune (che ad oggi è il vitigno riconosciuto, ma diffuso impropriamente come Nero d’Avola), proveniva infatti proprio dall’antica città di Akragas e si espandeva in un Areale (detto areale A) che è ancora oggi la zona storica e di più grande qualità di questo vitigno .  Poi, solo dopo la metà dell’800, a seguito della grande ed indefinita produzione vinicola fatta per soddisfare i francesi all’arrivo della terribile catastrofe della fillossera, fu denominato un “Calabrese Nero di Avola” o “Nero d’Avola” (che non era altro che il famoso “Pachino”), che era totalmente diverso dal Calabrese Comune, visto che proveniva da un altro padre, come il Sangiovese e quindi proveniente dai c.d. “Nerelli” … 

 

  Le colture fino a prima del 1800 nelle zone del siracusano – ragusano e quindi della stessa Avola, erano assai diverse rispetto a quelle indicate da determinata errata letteratura . In quel periodo proprio in quella città si distinguevano gli ultimi trappeti di Canna da Zucchero, ossia la coltura che dal periodo arabo e fino al 1600, era stata la più diffusa in tutta la Sicilia . 

  Grandi botanici ed esimi Abati e ricercatori dell’Agricoltura, hanno scritto nel 1808, come nella Contea di Modica, solo nei paesi di Chiaramonte ed Avola, si riscontrava qualche pianta di Calabrese (e non si sa di quale tipo…) ma già a 7 km di distanza da essa, come nella vicinissima Noto, i vitigni più diffusi erano solo : Tiro, Corniola ed Albanello …. A Siracusa solo il Moscato …. 

 

 Ma bisogna leggere questo libro, per capire fino in fondo la meravigliosa quantità di informazioni di questa Storia.

  La Storia si completa nella spiegazione fenologica della pianta, cosi come nella conoscenza della varie DOC ed IGT e cosi come per affrontare principi di Sommeleria, degustando questo vino . 

 Con essi, un libro nel libro ! Ossia, il più dettagliato atlante della Sicilia vinicola prefillossera, in cui l’autore ha potuto indicare ben 353 denominazioni, collocate anche in sparutissimi luoghi di origine . Un patrimonio etno-antropologico e varietale, veramente unico nel suo genere .  

 

  Ad una accurata descrizione delle origini, seguono anche ricordi, visioni, emozioni e note che l’autore ha potuto vivere, innanzitutto dalla sua infanzia e da incontri come quelli fatti con Leonardo Sciascia e Carmelo Rizzo, nella amata C.da Noce di Racalmuto . Ma mille altre visioni si alternano in questo caleidoscopio, come quelle di famiglia con le Zie di Noto, o come quelle fatte in nome del Vino, con personaggi come Paolo Conte o Virna Lisi … 

     Il finale si lascia come sempre ai gialli … e la scoperta di questo libro ha molto di giallo…. 

Giallo come lo zolfo, che per 2500 anni è stata la delizia e poi la croce di questo vitigno e poi di questo vino … e che poi ha visto comunque rinascere di nuovo la vita del Calabrese, ma solo a partire dal 1970 …… 

  Nella Storia delle grande miniere di Zolfo, la più profonda miseria e la più umiliante distruzione umana ed agricola, delle Province di Agrigento, Caltanissetta, Enna e della bassa Provincia di Palermo .

 Sono stati letteralmente cancellati, anche dai libri delle nostre scuole, storie, avvenimenti, emigrazioni epocali e catastrofi, che invece hanno letteralmente segnato e sconvolto, la Storia della Sicilia e dell’Italia tutta …..

 Proprio a causa dello Zolfo è cambiata anche la nostra Storia, in primis a causa dell’influenza inglese e di Governi e  “poteri occulti”, che ancora oggi continuano a prosperare nelle vicende italiche .  

 Non dimentichiamo che anche, un fenomeno terribile e gigantesco come la Mafia, fonda le sue origini proprio dalla devastante Storia delle miniere di zolfo … 

 

 Dal Vino alla Storia dell’Italia, quindi, per appassionare tutti quelli che leggeranno questo libro, cominciando a ridisegnare la nostra vera fotografia, che qualcuno ad oggi forse ha volutamente occultato . 

 Alla fine, nemmeno oggi, quella che sarebbe dovuta essere “Agrigento Capitale della Cultura 2025”, ha voluto minimamente occuparsi di questo libro e di questa vicenda. E’ cambiata di nuovo fortunatamente il destino del Nero d’Avola . Nulla è cambiato ad oggi, invece, in merito ai miseri destini che ieri erano dello Zolfo ed oggi sono tristemente di altro …….. 

  Fortunatamente, tantissimi appuntamenti ed importanti Congressi internazionali, come quello di Agroecologia dei giorni scorsi e come quello annuale di Assoenologi (ad Agrigento dal 26 al 28 Giugno), stanno raccontando proprio in queste difficili terre questa importantissima storia .  

 

  (Il libro di Joe Castellano “Per una vera Storia del Nero d’Avola” è edito da SIME BOOKS – Febbraio 2025 –

     Pagine 242 –  Oltre 30 bellissime foto e 7 importanti mappe –  prezzo euro 25,00) 

   Diffuso in tutte le librerie italiane e relativi portali web –  www.simebooks.com 

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