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Jannacci e Califano, le riflessioni di Antonio Bagatella

JANNACCI E CALIFANO, ciascuno a suo modo ha raccontato un’umanità dignitosa che si faceva illusioni, sia che accettasse il destino o si ribellasse ad esso:
ce la mostrò anche Nanni Loy andando nei bar e per le strade. Gente dignitosa e semplice malgrado le nefandezze e contraddizioni che non negava. Un film in bianco e nero in cui i camion che passavano non erano lucidi e nuovi, e tra le righe neanche tanto nascoste si notava una distinzionetra provilegiati e non privilegiati di cui tutti erano consapevoli.
Tempi in cui l’operaio e l’artigiano non avevano ancora sperimentato le ferie, e non si sognavano né i viaggi all’estero, né le crociere, al massimo una pizza ogni tanto.
Fantozzi era ancora di la’ a venire e ad un certo punto non ci sembrò più attuale, prima le delle riforme che hanno tolto la speranza a molti, e soprattutto ai giovani in nome di un’Economia che sembra – a noi – sfuggire ad ogni controllo.
Il fatto è che manca anche la voglia di ridere. Ma la differenza tra stupidaggini gratuite come queste e la poesia vera si può trovare ascoltando, “Ti te se no” e “El purtava i scarp del tenis” o “La mia libertà”.
Non è nostalgia, forse rimpiando…
Arriveranno autori capaci di farci sorridere e pensare con canzoni geniali che possono essere comprese da chiunque?
E le storie di oggi, così colorate, saranno all’altezza di quelle di grigi signori tanto sempliciotti?
Forse, sfrondando cumuli di ammenicoli, cercando noi stessi.
E allora ci sarà qualcuno che toccherà il cuore ad altri parlando di noi.

Antonio Bagatella

Liborio Butera: