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Genitori e figli – Tuo figlio spiccherà il volo solo quando gli farai sentire che è pronto

Rapporto fra genitori e figli, la parola allo psicologo.

 

Durante la loro crescita i figli hanno bisogno di continue conferme che vengono chieste ai genitori i quali a loro volta vengono messi duramente alla prova da queste richieste.

Da un lato infatti vedono un figlio che sta crescendo, dall’altro rivedono in lui o lei un cucciolo da proteggere perché il mondo potrebbe fargli del male.

Spesso dunque si attaccano ai figli in modo quasi morboso, come a non voler lasciare l’unica cosa sicura della loro vita.

Ecco che bambini anche di 6/7 anni, che in teoria dovrebbero avere un minimo di autonomia, si ritrovano ad avere crisi di pianto quando non vedono la madre anche solo per qualche minuto.

Non riuscendo ad addormentarsi da solo, talvolta il bambino si reca nel lettone e nonostante i vari e costanti tentativi di rassicurarlo, si verificano ripetuti e continui pianti con la nascita stesso di paure a rimanere da solo.

Questa sensazione associata ai cosiddetti “passaggi obbligati”, soprattutto nella scuola fa sì che nei bambini nasca quel senso di frustrazione e paura nell’affrontare il mondo che portano anche quelli più vivaci e socievoli a chiudersi senza riuscire a capire e portar fuori i propri pensieri.

Ciò può essere legato a paure o più probabilmente ad episodi specifici, qualcosa che può averlo spaventato e che magari non riesce raccontare.

Avendo poche sovrastrutture e poche capacità di far fronte all’ansia, data la loro età i bambini tendono a ricercare attraverso la prossimità con i genitori un modo per tenere sotto controllo tutto ciò che gli fa paura (qualcosa che hanno visto, sentito, qualcosa che li ha turbati insomma).

Non stiamo parlando di grossi traumi, infatti ai bambini basta poco: un temporale, la notizia di un furto in una casa vicina alla loro, la visione in tv di immagini cruente (guerre, terremoti).

Tutto ciò non fa altro che creare in loro la consapevolezza di essere impotenti di fronte a certe cose e di conseguenza la ricerca quasi ossessiva del contatto con la madre (o con il padre).

Come in tutti momenti della crescita dei figli, vige l’obbligo di comunicare, confrontarsi con loro cercando di capire cosa li spaventa.

Può essere utile nel caso di bambini piccoli utilizzare metodologie a loro congeniali, come il gioco, il disegno, fargli inventare storie che attraverso il meccanismo della proiezione li aiuti a portar fuori i propri vissuti considerandoli altro da sé.

È necessario, nei momenti topici della vita di un bambino (il passaggio ad un’altra scuola, l’inserimento in nuovi contesti, l’arrivo di un fratellino o sorellina) rendersi conto che per lui è una gran fatica modificare quell’assetto cognitivo e di vita a cui è abituato.

Quindi è meglio evitare di porre troppa enfasi su questi momenti, facendoli passare invece come eventi legati alla normale evoluzione della vita. È utile poi focalizzarsi su se stessi e cercare di capire quanto la propria ansia verso il figlio influisca sulla sua crescita.

Le lacrime dei bambini provocano sempre un sentimento di tristezza negli adulti, soprattutto quando sono legate a momenti brutti perché risvegliano in noi quel sentimento di impotenza che abbiamo vissuto da piccoli.

Così come le risate, la felicità, la spensieratezza  ci rimandano agli stessi sentimenti provati durante l’infanzia.

Ecco, deve essere proprio questo il motore che spinge a favorire l’autonomia dei figli, in un’ottica di crescita e di apprendimento di nuovi ruoli.

Accogliendolo per esempio nel lettone non si favorisce la consapevolizzazione di essere all’altezza, capace di affrontare la vita ma gli si dà la conferma dell’idea che egli ha di non essere pronto alla separazione dai genitori ed in particolare dalla madre.

I bambini hanno delle risorse interne molto forti, devono solo riuscire a trovarle e tirarle fuori e lo faranno solo se i genitori per primi se ne convinceranno, favorendo dentro di sé prima e nei figli poi l’idea che essi siano pronti.

Nel caso della continua richiesta di dormire nel lettone, una strategia potrebbe essere quella di dargli un pupazzo da tenere con sé nel lettino, oppure una lampada che se toccata si illumini.

In ogni caso è necessario far sì che senta la propria cameretta come un luogo sicuro, in cui è libero di fare ciò che vuole, in tutta autonomia.

Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta
Specialista in Psicologia Clinica e  Psicoterapia Psicanalitica
Corso Europa, 12
Frattamaggiore (NA)
Tel. 3204692910
savianopasquale@hotmail.com
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