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TFA 2012 – Le rivendicazioni degli aspiranti insegnanti che non hanno mai insegnato

Riceviamo e pubblichiamo il documento degli insegnanti o aspiranti tali che hanno meno di 360 giorni di servizio.

Carissimo Liborio,
innanzitutto complimenti per il tuo blog, su cui si trovano sempre spunti davvero interessanti. Riguardo al dibattito che si sta consumando in questi giorni nebbiosi per l’avvio al tfa, tra abilitati, non abilitati con 360 gg di servizio, non abilitati senza servizio, e chi più ne ha più ne metta, abbiamo stilato un documento per far sentire anche la nostra voce..Ti sarei molto grata se potessi pubblicarlo sul tuo blog.
Grazie infinite nel frattempo, e buon lavoro!
Erika

Questo è il nostro documento:

Siamo aspiranti all’insegnamento nella scuola secondaria senza servizio o con meno di 360 giorni di servizio nella scuola pubblica: laureandi, neolaureati e laureati dopo il 2007. In merito all’accesso al TFA transitorio si sono espressi in molti: dagli abilitati che lo hanno avversato in ogni modo in un’ottica protezionistica ai non abilitati che hanno avuto la ventura di prestare servizio, dopo la chiusura delle SSIS ma parte di loro anche mentre le SSIS funzionavano a pieno regime, ed ora reclamano l’accesso diretto al canale abilitante. Vorremo anche noi dire la nostra visto che rispetto al TFA costituiamo la platea ideale, nonché numericamente maggioritaria.

Prima di tutto auspichiamo che, dopo quattro anni di attesa, finalmente, come in tutti i paesi civili, si introduca un regolare percorso abilitante all’insegnamento nella secondaria e che esso sia destinato ad avere cadenza regolare.

Posto che l’abilitazione non sarà che la patente per accedere al sistema di reclutamento, rileviamo che il sistema sarà claudicante fino al momento in cui non sarà tracciata anche una strada che permetta l’effettivo ingresso nella scuola: percorso abilitante e sistema di reclutamento sono due momenti complementari all’interno di un’unica complessiva architettura.

Le polemiche accesesi intorno all’accesso al canale abilitante riguardano essenzialmente due parametri: il numero dei posti disponibili e i criteri di accesso, ovvero valutazione dei titoli di servizio, titoli di studio, dell’attività di ricerca e delle prove.

Suscitano qualche perplessità alcuni parametri di valutazione adottati dal DM 249/10 per regolare l’accesso al TFA. Dal momento che a noi pare che i criteri di accesso alle SSIS fossero meritocratici, proponiamo il confronto tra i due sistemi:

– per accedere alle SSIS era disponibile un punteggio massimo di 100 punti, mentre non è previsto un punteggio massimo nell’accesso al TFA;

– circa la valutazione dei titoli di accesso, ovvero media degli esami e tesi, su cui – sottolineiamo – tutti i candidati si confrontano, le SSIS assegnavano fino a 20 punti, mentre il TFA ne mette a disposizione 8: si svalutano i titoli di accesso;

– circa la valutazione del dottorato di ricerca, le SSIS assegnavano 3 punti, mentre il TFA ne assegna 6;

– le SSIS non assegnavano punti al servizio da far valere nell’ingresso al canale abilitante, mentre il TFA ne assegna 4 per 360 giorni di servizio, cui se ne aggiungono altri due per ciascun blocco di 180 giorni, senza neppure prevedere alcun meccanismo di saturazione.

I punti assegnati alle tre prove previste dal DM 249 sono rispettivamente: 30 (sufficienza 21/30) + 30 (sufficienza 21/30) + 20 (sufficienza 21/30).

Naturalmente ci sentiamo discriminati: si riducono in misura consistente i punti assegnati ai titoli di accesso; si raddoppia il punteggio riconosciuto al dottorato; nell’accesso al TFA si riconosce al servizio un punteggio che in qualche caso sarà certamente abnorme. A noi pare che l’unico giustificabile riconoscimento del servizio, che peraltro non viene mai valutato e viene prestato in virtù di automatismi, congruo con la sua natura, dovrebbe consistere in uno sconto sul tirocinio; mentre il riconoscimento del servizio nell’ingresso al TFA ingenera condizioni di concorrenza sleale nei confronti dei meritevoli che non hanno avuto la ventura di prestare servizio: si viene a creare una sperequazione per cui a qualcuno basterà strappare la sufficienza nelle prove, mentre a qualcun altro non basterà dimostrare eccellenza nelle prove e nel percorso universitario.

Quanto ai punteggi disponibili nelle prove, ci piacerebbe che anche per la terza prova fossero disponibili 30 punti.

Perché una selezione possa essere qualificata meritocratica le regole devono essere leali e al candidato si devono dare occasioni di dimostrare il proprio merito.

Il nodo più intricato è costituito dal numero chiuso determinato da una pretesa programmazione. In Italia l’abilitazione ha sempre implicato il “diritto alla cattedra statale”, pur in assenza di qualsivoglia forma di programmazione: non si è mai applicata alcuna programmazione né ai canali regolari (concorsi ordinari e SSIS) né tanto meno alle sanatorie indiscriminate.
Non si sono mai programmati gli accessi, eppure oggi gli innumerevoli abilitati in fila, delle più disparate estrazioni, reclamano la cattedra statale per scorrimento di graduatorie di “merito” (la denominazione convenzionale suona persino ironica applicata a graduatorie stilate 12 o 20 anni fa) o di graduatorie ad esaurimento. Tutti costoro vengono chiamati convenzionalmente “precari” quando in realtà sono semplici idonei e soltanto una parte di loro è costituita da precari veri e propri. Tali sono quanti da anni e anni prendono un incarico annuale dallo Stato, e a nostro giudizio devono essere stabilizzati. Sorvoliamo sui meccanismi, antimeritocratici, burocratici, farraginosi e favorenti comportamenti opportunistici, che disciplinano le graduatorie.

In generale, riteniamo che una selezione meritocratica finalizzata all’accesso ad un percorso abilitante disgiunto dal diritto ad una cattedra statale debba focalizzarsi sul rigore delle prove di ingresso piuttosto che sull’assegnazione alle varie sedi universitarie di numeri la cui definizione dovrebbe tener conto della capacità di accoglimento offerta dall’università piuttosto che di parametri mai chiaramente enunciati ed illustrati e comunque fallibilissimi.

Riteniamo altresì che una selezione resa effettivamente meritocratica, eventualmente anche elevando la soglia dell’idoneità, andrebbe scevra dalla fallacia inevitabilmente connessa alla rigidità dell’assegnazione da parte ministeriale dei posti alle vari sedi e implicherebbe un automatico contenimento dei numeri: i posti disponibili potrebbero persino restare scoperti in misura non determinabile a priori, ma i meritevoli non sarebbero esclusi.
Il contenimento dei numeri si può perseguire percorrendo due vie: una rigida e incurante del merito, una elastica e meritocratica.

Non possiamo non rilevare la fallacia del fabbisogno calcolato dal ministero e reso noto in file circolati nei mesi scorsi: il “fabbisogno” è calcolato su scala regionale, mentre l’abilitazione varrà in tutta l’Italia e in tutta l’UE; pur assumendo l’ottica del “fabbisogno regionale”, rileviamo che i calcoli ministeriali non collimano con le effettive e constatate possibilità di insegnare prima di conseguire l’abilitazione nella scuola pubblica, che include la scuola statale e quella scuola paritaria.

In conclusione, alla luce dei rilievi sopra esposti noi CHIEDIAMO:

– il ripristino di un regolare canale abilitante ad accesso meritocratico;

– quanto ai titoli valutati in ingresso: se deve essere (soprav)valutato il servizio, allora preferiamo che gli aspiranti che hanno prestato servizio entrino come soprannumerari previo superamento delle prove di accesso. Naturalmente per accedere in soprannumero all’abilitazione in una classe di concorso potrà essere fatto valere solo ed esclusivamente il servizio prestato sulla medesima e specifica classe, escludendo il servizio prestato sul sostegno, per sua natura difforme dalla classe di concorso disciplinare;

– quanto ai titoli accademici, oltre alle considerazioni già esposte, constatato che i titoli di accesso su cui tutti i candidati si confrontano contano al massimo 8 punti e il dottorato di ricerca conta 6 punti, chiediamo un riequilibrio;

– quanto alle prove di accesso, ci rallegriamo del fatto che rispetto alle SSIS ne siano previste tre invece di due, ma ci rammarichiamo del fatto che alla terza prova siano assegnati soltanto 20 punti, mentre ci piacerebbe che ne fossero assegnati almeno 30, e non vediamo che cosa osti ad una sua valutazione commisurata alle prime due. Inoltre, invitiamo a valutare l’opportunità di elevare la soglia della sufficienza che dovrà essere applicata indistintamente a tutti i candidati, ivi compresi i soprannumerari.

link al gruppo: http://www.facebook.com/messages/?action=read&tid=383af094eab943b2b53031debe6d780f#!/groups/289908381036467/312258725468099/?notif_t=group_activity

Liborio Butera:

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  • Avrei molte cose da dire a colui il quale ha scritto questo articolo, ma, considerata presunzione che perme questo articolo, credo servirebbe a ben poco.
    Invito te, e chi come te si sente in diritto di costruirsi un'opinione mutuata da puro istinto, di andare a leggere un paio di normative, onde evitare di dare fiato alle trombe anche in un futuro prossimo.
    Saluti.

  • La presunzione sta nel credersi insegnanti senza aver mai insegnato e nel bollare come incompetente chiunque eserciti la professione da anni senza abilitazione. Certa gente dovrebbe farsi un bagno di umiltà invece di chiedere, chiedere e chiedere.

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