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L’obbligo scolastico fino a che età?

In questi giorni, la scuola si domanda cosa cambierà dopo il risultato delle elezioni del 9 aprile. Se vince il centro-destra si porterà avanti la riforma Moratti così com’è con qualche piccolo aggiustamento nella fase emendativa. Se vince l’Unione, lo scenario è destinato a cambiare. Il punto più importante che potrebbe dividere le forze che compongono la coalizione si trova nella durata del percorso formativo. Nel programma hanno scritto di elevare, sin da subito, l’obbligo scolastico innalzandolo fino ai 16 anni, con un biennio unico, già previsto dalla riforma Berlinguer-De mauro, e l’obbligo formativo fino ai 18 anni. I tre anni di formazione si potranno svolgere sia all’interno dell’istituzione scolastica che attraverso enti formativi o nell’istruzione professionale regionale. Ma questa scelta sembra già iniziare a dividere le varie componenti politiche. L’ala più radicale, composta da Rifondazione e Comunisti italiani innanzitutto, chiedono già da subito di fissare l’obbligo scolastico fino al compimento del diciottesimo anno di età. Dello stesso avviso è la Cgil, che chiede l’inserimento  del provvedimento già nei  primi 100 di governo. La Cisl, invece, sembra sposare le posizioni più moderate della Margherita e attraverso il suo Responsabile scuola Francesco Scrima dichiara: "Per noi questo rischia di essere un falso problema: l’elevamento di due anni della frequenza scolastica può diventare una risposta pigra a una questione vera, che è quella dell’esclusione dall’insieme del sistema formativo di 300 mila giovani dai 15 ai 18 anni". Dietro queste parole si cela l’idea di mantenere in vigore il principio dell’obbligo formativo introducendo semmai meccanismi che favoriscano i passaggi fra il canale della formazione professionale e il sistema tecnico-liceale. Finisco, evidenziando, che la scuola è sotto assedio da più di 10 anni. Prima il tentativo lo ha fatto il centro-sinistra poi il centro-destra, senza mai coinvolgere chi nella scuola vi opera. Forse la prima vera riforma deve partire dal coinvolgimento di quelle figure che realmente interagiscono con il sistema d’istruzione.