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Coldiretti Vercelli-Biella: bene l’Osservatorio sulla Criminalità nell’Agricoltura, è il piemontese Caselli a presiedere il comitato scientifico

VERCELLI/BIELLA, 20 marzo – E’ il piemontese Giancarlo Caselli, già procuratore capo della Repubblica di Torino, a presiedere il Comitato scientifico del neonato “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare”, costituito in fondazione lo scorso 18 febbraio. Con Caselli fanno parte del Comitato scientifico Andrea Baldanza (vice presidente vicario), Gian Maria Fara (vice presidente), Stefano Masini, Stefano Toschei e Fabrizio Di Marzo.
La nuova fondazione è una realtà importante, fortemente voluta dalla Coldiretti e presieduta dallo stesso Roberto Moncalvo che, dallo scorso dicembre, è alla guida della principale organizzazione agricola: con Moncalvo, fanno parte del consiglio direttivo dell’osservatorio Vincenzo Gesmundo (in qualità di vice presidente) e Raffaele Grandolini (consigliere).
L’Osservatorio è presentato ieri a Roma, dove era presente in rappresentanza di Coldiretti Vercelli-Biella il presidente Paolo Dellarole: con l’occasione, sempre ieri Coldiretti ha illustrato gli esempi più scandalosi di prodotti agroalimentari, venduti in Italia, in Europa e nel mondo, con nomi che richiamano gli episodi, i personaggi e le forme dell’iconografia mafiosa: è la prima volta che si effettua un simile censimento. Fra i prodotti che la Coldiretti ha trovato in vendita sui mercati internazionali ci sono ad esempio le noccioline “Chilli Mafia” aromatizzate al peperoncino, la “Sauce Maffia” a Bruxelles, la pasta “Mafia” a Taiwan, le spezie “Palermo Mafia Shhoting” in Germania, la salsa piccante “Wicked Cosa Nostra” in California o l’amaro “Il Padrino”.

“Difendere l’agroalimentare italiano vero e legittimo è una grande priorità” commentano Paolo Dellarole e Marco Chiesa, presidente e direttore di Coldiretti Vercelli-Biella. “Con esso difendiamo il futuro delle nostre imprese e rinsaldiamo un rapporto di fiducia che con i consumatori è stato ed è continuo. In più si tratta di costruire per il nostro Paese e per i nostri giovani un futuro fatto di opportunità, e da una giusta valorizzazione del comparto agroalimentare ne possono derivare molte”.
Ciò a patto di sconfiggere fenomeni come quello dell’agromafia, che  ha generato nel solo 2013 un volume d’affari di circa 14 miliardi di euro, con un aumento record del 12% rispetto a due anni fa.
“L’impegno per la legalità contro  le agromafie – commentano ancora Dellarole e Chiesa – significa difendere una parte importante del lavoro, dell’economia e del made in Italy, ma anche la salute dei cittadini. Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno infatti la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio. Potendo contare costantemente su una larghissima e immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale.  Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio, ma anche a furti di attrezzature e mezzi agricoli, furto di bestiame, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente”.

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