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Comunicato Stampa – Chiarimenti definitivi su questioni aperte Diploma Magistrale

Continuano a susseguirsi, in questi giorni, prese di posizione, da parte di talune organizzazioni di insegnanti, contro il possibile diritto di accesso dei diplomati magistrale ai corsi di specializzazione per il sostegno, per lo più basate sull’esito di un ricorso la cui sentenza del TAR, pur pubblicata solo di recente, risale alla decisione di una Camera di Consiglio del 2012.
Contemporaneamente con arzigogolati giri di parole, sembra si voglia rimettere in discussione il valore di abilitazione del titolo nelle scuole paritarie, con interpretazioni che, nella migliore delle ipotesi, possono solo far sorridere.
Ma veniamo all’analisi corretta dei fatti.
La sentenza del TAR presa a giustificazione porta come data di Camera di Consiglio il 5 luglio 2012. In tale contesto i ricorrenti chiedevano l’annullamento dell’art. 15 comma 16 che, così come allora formulato, prevedeva l’attivazione di percorsi formativi (TFA) finalizzati all’acquisizione dell’ “abilitazione” all’insegnamento per i diplomati magistrale, in quanto ritenevano lo stesso in contrasto con il principio di salvaguardia dei diritti acquisiti.
Infatti i diplomi di scuola ed istituto magistrale, conseguiti entro la fine dell’anno scolastico 2001-02, conservano, ex-Lege, in modo permanente il valore di abilitazione all’insegnamento.
Il TAR si esprimeva contro la soppressione di tali corsi respingendo le richieste dei ricorrenti. Non entriamo nel merito della motivazione sulla quale ciascuno può farsi liberamente l’idea che desidera.
Il punto principale, però, è un altro. La stessa sentenza è stata ampiamente superata dai fatti che si sono verificati in data successiva al 5 luglio 2012.
Infatti il Decreto 25 marzo 2013 n. 81 (quindi circa un anno dopo la Camera di Consiglio), recependo precise indicazioni fornite dal Legislatore in VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati che chiedevano la salvaguardia del pieno riconoscimento del valore abilitante del diploma magistrale, modificava sostanzialmente il testo del citato Art. 15 comma 16 del DM 249/2010, chiarendo che tali corsi sarebbero stati “finalizzati  esclusivamente  all’acquisizione  di titolo valido all’inserimento nella seconda fascia delle  graduatorie di istituto”.
Lo stesso Decreto 81/2013 sanciva, inoltre, con l’introduzione dell’art. 15 comma 16-ter che il diploma di scuola ed istituto magistrale sono da considerarsi “titoli di accesso ai concorsi per titoli  ed esami” nonché “titoli validi ai sensi dell’articolo 1, comma  4,  lettera g), della legge 10 marzo 2000, n. 62.”
Per aiutare a comprendere quest’ultimo passaggio , ricordiamo che l’art. 1 comma 4 lettera g) della legge 10 marzo 2000, n. 62 prevede che i docenti in servizio nelle scuole paritarie siano forniti di abilitazione all’insegnamento.
Appare quindi evidente che, anche se pubblicata solo un anno dopo, la decisione della Camera di Consiglio di Luglio 2012 del TAR non possa che apparire superata dall’intervento, successivo, del Legislatore, il quale ha, in prima istanza modificato la ratio dei corsi previsti dall’art. 15 comma 16, definendoli non più corsi finalizzati al conseguimento dell’ “abilitazione” ma solo al passaggio dalla III alla II fascia delle graduatorie di istituto (andando quindi ad intervenire esclusivamente sul fronte del reclutamento nella scuola statale e non anche della formazione iniziale) ma abbia specificato in modo inequivocabile che i titoli debbano essere considerati titoli di abilitazione all’insegnamento in quanto essi soddisfano il dettato della legge 62/2000 e permettono di accedere al reclutamento nelle Pubbliche Amministrazioni attraverso i concorsi, ai quali, come è noto, può accedere solo chi è in possesso di abilitazione .
Tuttavia, le modifiche introdotte dal Decreto 81/2013 non rappresentano le uniche novità sull’argomento. Nel frattempo, infatti, la Commissione Europea, a seguito di diverse denunce pervenute e dopo un’istruttoria durata oltre due anni, durante i quali la Commissione Europea ha preso visione ed analizzato tutta la normativa scolastica riconoscendo il diritto acquisito dai diplomati magistrale di potersi qualificare come docenti qualificati in Italia, ed i cui atti sono in parte già stati trasmessi al Parlamento Europeo, ha chiarito senza possibilità di errata interpretazione, che il diploma magistrale è una “qualifica completa” all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e primaria in Italia e che allo stesso deve essere applicato quanto previsto dall’art. 12 della Direttiva 2005/36/CE, ovvero lo status di “titolo assimilato” al titolo di grado superiore introdotto successivamente alla soppressione dei corsi di scuola ed istituto magistrale. Ciò avveniva nel mese di agosto 2013. Di fronte all’iniziale rifiuto da parte del MIUR, la Commissione Europea ha avviato una fase di pre-contenzioso (procedura 4196/2013) con lettera di sollecito, con la quale ha richiesto al Ministero di attestare alle altre Autorità scolastiche degli Stati Membri lo status di “docente qualificato” (tale è il termine usato in Europa per identificare l’ abilitazione professionale) all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e primaria. La stessa Commissione Europea ha negato che i concorsi abbiano una qualunque funzione “abilitante” essendo mere procedure di reclutamento per l’assegnazione ai vincitori delle cattedre resisi disponibili.
Ad oggi, il MIUR, accogliendo le richieste della Commissione Europea, al fine di evitare una procedura di infrazione per violazione del Diritto Comunitario,. ha provveduto ad informare in tal senso le autorità del Regno Unito ed a rilasciare i certificati di conformità del titolo all’art. 12 della Direttiva 2005/36/CE. Il ché ha già prodotto i primi riconoscimenti.
Veniamo, quindi all’ultimo punto, il famoso “emendamento Centemero”. Con esso il Legislatore ha rimosso anche l’ultimo possibile appiglio per chi avesse voluto negare il valore di abilitazione all’insegnamento del titolo, annullando la limitazione temporale all’applicazione, nelle scuole dell’infanzia paritarie, dell’art. 334 del testo unico, il quale garantisce che i docenti in possesso di titolo di scuola o istituto magistrale conseguito entro il 2002 possano essere assunti a tempo indeterminato senza che possa derivare alcun rischio di perdita della parità.
E’ quindi evidente che i fatti successivi a al mese di marzo 2013 hanno modificato sostanzialmente lo scenario,  sancendo in via definitiva che i possessori di diploma magistrale sono:
– pienamente qualificati all’insegnamento nelle scuole dell’infanzia e primarie e possono ottenere il riconoscimento del titolo nei 26 Stati dell’Unione Europea in applicazione della Direttiva 2005/36/CE secondo cui il loro titolo è, ai sensi dell’art. 12, assimilato al successivo titolo di qualifica (ovvero alla Laurea in Scienze della Formazione Primaria);
– pienamente legittimati a partecipare ai concorsi per l’accesso ai ruoli nelle scuole gestite dallo Stato e dalle Pubbliche Amministrazioni;
– pienamente legittimati alla contrattazione a tempo indeterminato nelle scuole paritarie gestite dai privati poiché agli stessi è riconosciuto quanto richiesto dall’art. 1 comma 4 lettera g) della legge 62/2000, ovvero il possesso di abilitazione.
Questi i dati di fatto, “al netto” dell’applicazione delle norme vigenti.
Dopo questo escursus esplicativo, finalizzato a chiudere definitivamente il susseguirsi di chiacchiere prive di fondamento giuridico ritorniamo, quindi, all’argomento iniziale.
Per quanto riguarda il diritto di accesso ai corsi sul sostegno, appare stucchevole che questo ora venga messo in discussione, anche a fronte di una consolidata prassi che non ha mai negato tale diritto. In questo caso si tratterebbe di privare una categoria di docenti pienamente qualificati della possibilità di esercitare il diritto di formazione ed aggiornamento professionale finalizzata al conseguimento di competenze spendibili, si badi, non solo nella scuola statale, ma altresì nelle scuole del sistema paritario e in altri Stati dell’Unione Europea. Limitare tale diritto di formazione non solo potrebbe essere, ancora una volta, origine di contenziosi in sede europea, ma creerebbe una discriminazione priva di supporto giuridico nei confronti di chi opera nella scuola paritaria che si vedrebbe negato il diritto di formazione per la sola ragione di non essere dipendente nella scuola statale.
Dimostrata, quindi, l’infondatezza di talune arzigogolate motivazioni che vorrebbero negare il valore di abilitazione permanente all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e primaria del diploma magistrale, non possiamo che auspicare che il Ministero provveda a chiarire alle Università il pieno diritto dei diplomati magistrale di partecipare a tali corsi di formazione.
Per il Coordinamento Nazionale Diploma Magistrale, Fabio Albanese, Barbara Bernardi, Giulia Bertelli.