scuola

La nota di Marco Sansoè all’articolato del decreto del governo, detto “Spending Review”, in materia scolastica

Ecco, ancora una volta, la scuola intesa come ambito nel quale si deve risparmiare!

Da anni non viene presa in considerazione né l’ipotesi che sia necessario investire per aggiornare, migliorare e rendere più efficace il processo di formazione, nemmeno viene pensata la scuola come una istituzione nella quale sia possibile praticare l’efficienza del servizio erogato.
Da anni (quindi non è solo responsabilità dei governi di destra, Berlusconi e Monti, ma anche di quelli di centro sinistra, Fioroni) non c’è un progetto e quando sembra esserci, si scopre che dietro si nascondono tagli e riduzioni di risorse o pratiche di controllo dell’attività formativa e didattica!

Con questo decreto si compie un ulteriore passo avanti: si stabilisce, in modo inequivocabile, che la funzione docente sia intercambiabile, cioè non sia più una caratteristica determinata dalle competenze formative e dall’esperienza didattica maturata, e quindi solvibile in un ambito specifico, ma che debba essere flessibile, cioè debba adattarsi ai capitoli di spesa del comparto scuola e quindi divenire una funzione variabile in grado di svolgere qualsiasi mansione.

Finalmente gli insegnanti assumono il ruolo che non hanno mai voluto accettare, quello di essere, a tutti gli effetti, solo impiegati pubblici, senza altre specificità!
La scuola, sotto l’aspetto delle funzioni e delle mansioni, non sarà quindi settore diverso da quello di qualsiasi servizio pubblico!
La scuola non svolgerà un ruolo diverso da quello dell’ufficio anagrafe o dell’intendenza di finanza o di un ufficio postale: tutti questi settori sono il grande e vituperato “servizio pubblico”, quello dei fannulloni e degli sprechi, così potremmo esserlo anche noi.

Con questo decreto si mette fine al precariato nella scuola! Con la costruzione di liste regionali di mobilità nelle quali convergerà tutto il personale in esubero, questi potranno essere usati, su base provinciale, in qualsiasi condizione (e quando non ci saranno più le Province?) per sostituire personale assente, malato o altro (anche in sciopero?) e svolgere funzioni formative e/o amministrative.
Così non assumeranno più: la scuola italiana sarà fatta di vecchi insegnanti e di vecchi impiegati e di vecchi bidelli. Come è già l’Università!
Mentre la scuola in Europa si rinnova e investe, quella italiana diventerà un rifugio per vecchi elefanti feriti.

Saremo solo “impiegati pubblici”. Così anche noi potremmo non sentirci più responsabili della formazione delle giovani generazione; potremmo non preoccuparci dell’educazione dei bambini che per la prima volta si relazionano con il mondo; potremmo non preoccuparci più di inserire bambini e giovani diversamente abili con i loro coetanei, favorendo i processi di integrazioni voluti dalla Costituzione
Questo lavoro lo può fare chiunque (un corso di formazione e via!), come chiunque può fare l’impiegato amministrativo, il contabile o altro! Noi siamo solo lavoratori del pubblico impiego!

Un altro passo verso la fine del lavoro, inteso come occasione per utilizzare competenze e attitudini finalizzate al bene comune! Un altro passo contro il rispetto per chi lavora.
Così potremmo anche noi essere parte dell’esercito dei fannulloni e degli spreconi, ammalarci senza preoccuparci delle interrogazioni, del Collegio dei Docenti che deve predisporre il Piano dell’offerta formativa, o della riunione del Consiglio di classe che deciderà le promozioni, le ammissioni o le bocciature.

Solo impiegati dello Stato, di uno Stato governato da professori universitari conservatori e amici dei banchieri, indifferenti al ruolo della scuola e preoccupati, come contabili senza fantasia, del pareggio del bilancio dello Stato. Che schifo!

Prof. Marco Sansoè