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Crisi in atto e ripopolamento della famiglia tradizionale

Dopo la pasta fatta in casa, c’è “L’Italia fatta in casa”, un libro presentato sulle pagine di QN e che ci spiattella una teoria degli economisti Alesina e Ichino.
Se già corre voce che il ministro Brunetta vorrebbe mandare fuori dal nido i bamboccioni alla “veneranda” età di 18 anni, c’è finalmente qualcuno che sviscera la corroborata situazione italica. Cioè di quel tricolore rappresentativo di pizza e mandolino, tentando di smembrare e analizzare precariato e disoccupazione in tanti pezzi da farci il baffo al puzzle dei nostri anni migliori. Se da un lato c’è il nostro Paese, dall’altra parte dell’antipodo Italia-crisi c’è sempre lei, di nuovo la crisi. Come le sette piaghe di mitologica memoria, dalle nostre parti sarebbe motivo di ritorno alle tradizioni, con l’uomo che porta lo stipendio a casa e con moglie e figli al seguito disoccupati. O meglio, la crisi che già era in atto ha sviluppato altra crisi, riportando la società a rifugiarsi nelle tradizioni locali e al dialetto, contro globalizzazione e spostamenti e con conseguente immobilità del Paese. Dunque la famiglia italiana tradizionale crea il proprio embargo sociale, perché non può “attraccare” più in Italia come modello di stabilità ma deve restare a guardare gli altri che maturano concetti moderni e avanguardisti.
Una proposta di soluzione, sempre secondo questa teoria, sarebbe la riduzione delle tasse sul lavoro femminile e l’innalzamento su quello maschile.
Per il ministro Brunetta: via di casa i giovani ma con un lavoro stabile che gli permetta di mantenere affitto e spesucce varie e di questi tempi è certamente difficoltoso.
Per gli economisti Alesina e Ichino: la donna non sta più tanto in casa, perché lavora. E la disoccupazione attuale colpisce donne e uomini.
Infine le tradizioni con i loro dialetti sono un patrimonio che da sempre custodiamo gelosamente, anche in tempi di vacche grasse.