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Un Papa che ha osato parlare di eros


 

Sorprende questo Papa. Il suo pensiero sottile, una sottigliezza che però non è nè leggerezza nè silenzio, è anzi un atteggiamento che alla fine finisce per fare molto rumore, proprio come fa’ ogni uomo saggio secondo quanto scriveva  Kierkegaard. Sottile e discreto, come ogni parola che deve risultare quasi invisibile per essere efficace, e sta qui la sua forza. Il mondo oggi appare ancora spiazzato dal suo ragionare mite e
acuto. Sorprende questo Papa, quando nel messaggio per la Quaresima appena trascorsa, dichiara che l’amore di Dio è anche eros. Utilizzando passi veterotestamentari, egli osa affermare che l’eros è iscritto nel cuore stesso di Dio. Il profeta Osea esprime questa passione divina con immagini audaci come quella dell’amore di un uomo per una donna adultera; Ezechiele parlando del rapporto di Dio con il popolo di Israele, non teme di utilizzare un linguaggio ardente e appassionato. E nel Cantico dei cantici, due amanti senza nome che simboleggiano tutti gli amanti della terra si donano l’un l’altra in un gioco erotico e bellissimo: interpretazione teologica secondo la quale l’Onnipotente attende il “sì” delle sue creature come un giovane sposo quello della sua sposa. Sorprende Benedetto XVI, che parla di folle eros come di quella forza “che non permette all’amante di rimanere in se stesso, ma lo spinge a unirsi all’amato”.

L’impressione è che l’amore di Ratzinger, in questa sua lettura personale e magisteriale, sia quello vero dei cristiani, unione di eros e di agape, di dono all’altro ma insieme possesso desiderante dell’altro, opposto alla concezione moderna di un amore sentimentale e sciapito, di un’ unione affettiva intesa come semplice scelta contrattuale e mutua assistenza. Macchè. L’amore di Benedetto sembra una lotta che non si può banalizzare nella versione ordinaria dell’amore come un quieto “vivi e lascia vivere”,   è una lotta in cui c’è un Dio che “non si dà per vinto”, e anzi il “no” dell’uomo che recalcitra è come la spinta decisiva che lo induce a manifestare il suo amore all’estremo per riconquistare la creatura amata. Ecco allora il mistero della Croce, là dove Dio stesso mendica l’amore della sua creatura come un amante appassionato, là dove si manifesta il suo eros per noi. Vabbè, sono atti, cioè parole, che vivono nell’allegoria biblica e nella stupenda, antica, millenaria fantasia creatrice della chiesa e dell’affascinante pensiero teologico. Ma hanno qualcosa da dire a tutti noi, impantanati nella melassa affettiva, contenti di vivere senza più stupore i sentimenti del nostro tempo, armati di diritti pretesi e presunti, ma forse, magari, capaci ancora di dubbio laico. Bello, l’amore forte.