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Il nemico dell’occidente è l’occidente stesso. E Benedetto non ci sta.

Laicamente, i discorsi del Papa mi paiono sintetizzabili in questi termini: il nemico dell’occidente è l’occidente stesso nel momento in cui rinnega la sua storia, piena di umane miserie, ma anche di grandezza biblica e greco-romana . L’Europa cristiana è patria di tutte le arti, della cultura, della filosofia, di tutte le scienze umane: è il luogo in cui si realizza la vocazione naturale della nostra ragione a indagare la realtà. Ma di tutta la realtà, anche ciò “che le sta sopra”, ciò “che sta al di là”. L’occidente è nemico di se stesso quando imbriglia la ragione, imponendole dei confini (il regno delle cose materiali, l’immanente), e lo spaccia per orizzonte. I pensatori moderni discutono di questo paradosso: l’illuminismo non nasce come esaltazione della ragione, ma come limitazione della stessa al fenomenico, al tangibile, ai singoli e piccolissimi perchè. L’illuminismo prostra la ragione quando la fa a pezzettini, la sminuzza; quando fa uscire dio (l’assoluto, il trascendente) dalla finestra della ragione (la ragion pura) e ne apre un’altra (la ragion pratica) per farlo entrare di nuovo, ma come puro atto di fede, verità del cuore. Anche qui a causa di un malinteso immenso: da due secoli ci insegnano che la ragione è poca cosa, che vola bassa, ma che va bene così, e che la fede è una bruttissima faccenda, il contrario della ragione, l’irrazionalismo più esasperato. Senza pensare che il Verbum del Prologo di Giovanni è Logos, che si dialoga con la fede attraverso il riconoscimento di un  comune denominatore, la ragione, la quale può aprire alla adorazione di un Dio razionale e misterioso, un dio che provoca la ragione a estendersi, a uscire dalla prigione in cui è tentata continuamente di rinchiudersi. L’occidente, ancora, è nemico di se stesso, come Cronos con i suoi figli, quando nega il diritto naturale, cioè la legge fondata sulla ragionevolezza, e non sull’arbitrio delle cangianti esigenze individuali; quando sostiene che la libertà può coincidere con l’autoditruzione, con il suicidio, l’eutanasia (mentre la libertà è legata alla ragione, e se tutto diviene libero, trattabile, non siamo più liberi noi). Dobbiamo ricordare il modo in cui i greci, i quali erano più sapienti di noi, esprimevano passato e futuro. Noi diciamo che il passato è dietro di noi e il futuro davanti. Per i greci il passato era ‘prima’ di loro, era il territorio che avevano attraversato. Era il futuro a essere ‘dietro’ di loro, furtivo e imprevedibile come un ladro alle spalle, nella notte. Niente può penetrare questa tenebra tranne i rari istanti di previdenza che chiamavano sophos, sapienza. Questi lampi dipendono dalla capacità di ricordare ciò che è eterno e non cambia, ciò che noi invece abbiamo dimenticato. L’errore della ragione astratta, dell’illuminismo privo di logos, è la dimenticanza. Rispettare il costume dei padri, la Tradizione, significa rimanere lungo una strada che dura da millenni, che è partita da un punto e ha raggiunto parecchi obbiettivi. Invece noi rigettiamo il dio dei Padri, e il costume dei padri, come Lucifero col suo “non serviam”, come Adamo ed Eva con la loro idea di poter fare loro la realtà, di essere padroni del bene e del male. Fare bambini in vitro, manipolare assieme geni umani e animali, creare il figlio perfetto, cos’è, se non la negazione violenta, irrazionale della nostra figliolanza, umana e divina, e la negazione di un ordine razionale, che si protrae nella storia? 

Poi penso a Roma, al Cupolone, al soffitto della Creazione, a questo nuovo pescatore di uomini chino sui testi mentre si misura con il grande pensiero classico e moderno, e a quella lama acuminata di luce che sono i suoi occhi dietro i quali c’è la forza dell’architrave che tiene su la cattedrale. E mi dico: beh, magari il suo lavoro è appena cominciato.

 

Liborio Butera: